
Per trovarla è stato semplice, è bastato seguire la fiumana di pendolari che a piedi, col tuctuc, col carretto e cavallo, andavano avanti e indietro per un parco di meravigliosi manghi. Pochissime macchine, nessun camion.
Strano per una frontiera.
Dopo aver pagato il biglietto di ingresso per la riserva naturale che dovevamo oltrepassare, siamo arrivati ad un gigantesco ponte che traversava uno dei tanti maestosi fiumi che arrivano dall'Himalaya.

Al di là del ponte, la dogana. Veramente tutta da ridere: la maggior parte della gente andava e veniva senza nemmeno salutare i militari.

In quella nepalese è stata una cosa da mal di pancia per le risate.
Punto primo ci siamo arrivati piuttosto tardi e tutto era spento, buio pesto, il Gnaro ci ha raccontato poi che in Nepal non c'è molto petrolio e l'energia la consumano il meno possibile.

Dopo di che abbiamo setacciato i bar della zona per recuperare il responsabile della dogana che ci ha prontamente sistemato le carte.
Detto così sembra che siano dei lazzaroni, la verità è che da quella parte non passa mai nessuno, sul registro della dogana ho potuto contare il passaggio di 4 automobili straniere (non indiane o nepalesi) da luglio ad agosto.
Purtroppo però era comunque troppo tardi per trovare un albergo e abbiamo dovuto dormire per strada, sotto la pensilina dell'autobus.
Divertente, il cielo da queste parti è la meraviglia delle meraviglie, le stelle nitide e la luna, stupenda come sempre, hanno reso il tutto una festa, ma questo è niente: di fronte alla pensilina un enorme albero contrastava nero il cielo stellato; tra le sue foglie un'infinità di lucciole si accendevano facendolo sembrare un albero di Natale… siamo arrivato a casa, in famiglia, il giorno della vigilia. Siamo in Nepal, a un passo da Maleku
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