domenica 26 agosto 2012

Ingresso in Nepal


L'ingresso in Nepal è stato qualcosa di unico, anche perché la frontiere di Bambassa da cui siamo passati non è una frontiera commerciale ma ad uso e consumo degli abitanti che vivono nelle due cittadine di confine. 
Per trovarla è stato semplice, è bastato seguire la fiumana di pendolari che a piedi, col tuctuc, col carretto e cavallo, andavano avanti e indietro per un parco di meravigliosi manghi. Pochissime macchine, nessun camion. 
Strano per una frontiera.
Dopo aver pagato il biglietto di ingresso per la riserva naturale che dovevamo oltrepassare, siamo arrivati ad un gigantesco ponte che traversava uno dei tanti maestosi fiumi che arrivano dall'Himalaya. 
Originariamente su quel ponte passavano solo dei vagoncini su una linea ferroviaria praticamente limitata al passaggio del fiume. La larghezza della strada era non più di 3 metri o giù di lì. Lo Steed ci è passato per un pelo. Ecco perché i camion non c'erano, non sarebbero mai passati.
Al di là del ponte, la dogana. Veramente tutta da ridere: la maggior parte della gente andava e veniva senza nemmeno salutare i militari. 
Ovviamente noi ci siamo fermati per far timbrare i visti. Nella parte indiana sono stati estremamente cortesi e gentili, quasi fossimo loro ospiti.
In quella nepalese è stata una cosa da mal di pancia per le risate.
Punto primo ci siamo arrivati piuttosto tardi e tutto era spento, buio pesto, il Gnaro ci ha raccontato poi che in Nepal non c'è molto petrolio e l'energia la consumano il meno possibile.
Dopo di che siamo andati a stanare il responsabile dell'ufficio immigrazione: era già a nanne, si è presentato in canotta e moglie in vestaglia.
Dopo di che abbiamo setacciato i bar della zona per recuperare il responsabile della dogana che ci ha prontamente sistemato le carte.
Detto così sembra che siano dei lazzaroni, la verità è che da quella parte non passa mai nessuno, sul registro della dogana ho potuto contare il passaggio di 4 automobili straniere (non indiane o nepalesi) da luglio ad agosto.
La verità è che sono stati gentilissimi e davvero veloci.
Purtroppo però era comunque troppo tardi per trovare un albergo e abbiamo dovuto dormire per strada, sotto la pensilina dell'autobus.
Divertente, il cielo da queste parti è la meraviglia delle meraviglie, le stelle nitide e la luna, stupenda come sempre, hanno reso il tutto una festa, ma questo è niente: di fronte alla pensilina un enorme albero contrastava nero il cielo stellato; tra le sue foglie un'infinità di lucciole si accendevano facendolo sembrare un albero di Natale… siamo arrivato a casa, in famiglia, il giorno della vigilia. Siamo in Nepal, a un passo da Maleku

India, troppo grande, troppo intensa





Quattro giorni in India. Quattro giorni incredibili. Quattro giorni che sembrano quattro settimane.
E fortunatamente non abbiamo toccato le grandi città, ma ci siamo spostati solo a nord!
L'India è un continente davvero troppo grande e ricco di stimoli per riuscire sola minimamente a comprenderlo.

Il nostro ingresso è coinciso con la visita al Tempio D'Oro di Armistar. Una meraviglia di colori e suggestioni, ma soprattutto, una meraviglia di umanità: l'intero complesso spirituale è organizzato per essere aperto, sui quattro lati una porta offre un ingresso diretto sul tempio, che staziona placido e carico di energia al centro di un lago rettangolare. Quest'apertura è il simbolo della religione Sik, che in Panjabi ha la sua patria, una religione che fa dell'accoglienza un punto fermo.
Un momento di grande coinvolgimento del team.
Da li ci siamo spostati a Dharamsala, la residenza indiana del Dalailama. Una tappa a dire il vero sfortunata: siamo arrivati impreparati e non conoscendo i posti dove andare, siamo stati risucchiati dal disgustoso circo commerciale che ha invaso questa cittadina.
Da lì, dopo due giorni di macchina, siamo arrivati a Hardiware, uno dei punti di riferimento per il Kumbah Mela, il grande raduno che ogni tre anni raccoglie milioni di indu sulle rive del Gange.
Da lì poi siamo andati a Rishikesh, altro centro spirituale, dove abbiamo fatto il bagno nel Gange.
Penso che non dimenticherò mai quel momento...

Insomma, in quattro giorni abbiamo toccati i luoghi fondamentali per tre religioni cariche di altimissimo misticismo.

Passando tra uno e l'altro, paesi, città, villaggi, campagna, passaggi a livello, centrali nucleari, biciclettemotorinirisciòmucchecapreececc.

Ragazzi, tanta, tanta, tanta roba...

martedì 21 agosto 2012

Eid in famiglia

L'Eid per gli arabi è un po' come il Natale da noi e i Pakistani lo passano in famiglia. Così, in qualche modo abbiamo fatto anche noi, visto che la serata del 19 lo abbiamo passato con la cara Simona e con i ragazzi del Cesvi, e mi piace citarli tutti: Pietro, Giacomo, Lorena D'Aiala Valva, Simone e Nicola.
Lasciate spendere due parole per il Cesvi, perchè è una realtà tutta italiana che val la pena ricordare, soprattutto da quando abbiamo attaccato il loro adesivo sul nostro pick up!
Cesvi e' una fondazione bergamasca impegnata in Pakistan dal 2005 inizialmente nel supporto alle vittime del terremoto nel Kashmire; l'impegno e' cresciuto enormemente nel 2010 e 2011 con una serie di interventi di emergenza per le vittime delle alluvioni che hanno devastato il Punjab ed il Sindh lasciando senza casa e risorse oltre 25 milioni di persone di cui gran parte bambini sotto i quindici anni di eta'.
con il coinvolgimento diretto delle comunita' locali cesvi ha lavorato per migliorare le condizioni di vita di quasi 50.000 famiglie ricostruendo le loro case, reintegrando parte dei beni che avevano perduto nelle alluvioni e partecipando alla riattivazione delle attivita produttrici di reddito specialmente nel settore agricolo. cio' e' stato possibile grazie ai contributi di donatori internazionali come l'agenzia dell'Unione Europea per la protezione civile (ECHO), alle Nazioni Unite, al Governo Italiano ed a un gran numero di donatori privati tra cui la Fondazione CARIVERONA grazie a cui 4.000 famiglie di Shangla, una delle aree piu' colpite dalle alluvioni, sono tornate ad un livello di vita normale.


Ma il lavoro di cesvi e' stato anche sviluppo e nella regione del Karakorum con un finanziamento interamente italiano ed in partnership con le organizzazioni italiane Ev-K2-CNR e UCODEP e' stato possibile implementare con successo un progetto di tre anni per la costruzione di infrastrutture di supporto al turismo sostenibile legato alle spedizioni nelle aree del Central Karakorum National Park, formazione di guide e portatori di alta quota, capacitazione dei comitati di base dei villaggi e produzione di materiale divulgativo sul Parco, per incoraggiare un settore che a causa delle difficili condizioni di sicurezza del paese negli ultimi anni ha vissuto una crisi che si ripercuote negativamente sulla vita degli abitanti della provincia del Gilgit Baltistan che sul turismo basano gran parte dellaloro sopravvivenza.
Il Pakistan è un paese paesaggisticamente stupendo, la diversità tra nord è sud è fatta di scenari sempre diversi e stimolanti e la monumentalità delle sue montagne lo rendo "irraggiungibile" quanto a fasciano.
I Pakistani, la gente comune che incontri per strada, sono persone deliziose, di rara disponibilità. E' un vero peccato che si sia costruito negli anni un'immagine così deleteria.
Fortunatamente ci sono persone come Pietro ed i suoi colleghi che il Pakistan lo amano e in qualche modo cercano di metterci una pezza.

domenica 19 agosto 2012

Islamabad: che sorpresa!

Islamabad, città completamente nuova, nata negli anni 60, è completamente diversa da come ce la si può immaginare senza essere stati prima.
Enormi vialoni alberati, negozi e centri residenziali lussuosi.
Niente a che fare con bombe, talebani e burca.
Ad aiutarci nel farci un'idea di questa città, Simona Seravesi, qui per un progetto dell'ONU.
Con lei siamo andati in giro, più a sistemare le cose che nei giorni di viaggio sei costretto a lasciare da parte: lavare la macchina, fare il bucato, comprare nuovi occhiali da vista per sostituire quelli persi...
A mezzo giorno immancabili le pennette col sugo portate da casa, visto, tra l'altro, che oggi, in tutta la città non ci sarebbe stato un solo ristorante aperto: è l'ultimo giorno di Ramadan e per legge i ristoranti devono stare chiusi, anche negli alberghi internazionali.
E' stata l'occasione per mangiare italiano, dopo tanti giorni di viaggio è stato proprio piacevole.
Dopo di chè siamo andati ad incontrare Alice Harding Shackelfor, direttore per UN Woman in Pakistan.
Eravamo stati molto incuriositi nel vedere come, dalle valle di Hunza fino ad Islamabad, le donne per strada fossero drasticamente diminuite, era proprio percepibile come la condizione femminile in Pakistan cambiasse da regione a regione, incrinando la convinzione che questo paese fosse fatto solo di integralismo religioso.
Alice ci ha rilasciato un'intervista davvero interessante, in cui ci ha parlato di un paese in fermento, di movimenti femministi, di giovani artisti, di fermenti culturali. Insomma, tutto quello che non ci si aspettava di trovare in Pakistan. Certo, in questi giorni ci sono stati attacchi terroristici, rimane un paese a rischio, ma non abbiamo trovato solo questo, che è poi quello che ci aspettavamo, abbiamo trovato anche tanto altro, abbiamo trovato la gente...




mercoledì 15 agosto 2012

13 agosto: Cina (II parte)






Siamo da 5 gironi in Cina e quello che stiamo vedendo ci lascia senza parole, sia per la ricchezza e l'eterogeneità dei paesaggi, sia per i segni che la straordinaria crescita economica cinese sta lasciando sul territorio.
Appena usciti dalla dogana Spring, la nostra guida, ci ha condotto sulle sponde dello Sayram Lake, in direzione di Urumqi. Si tratta di un lago incoronato da un fitto susseguo di montagne, siamo a circa 2000mt sul mare.
"Siamo sulle Dolomiti" . Diretto come una fucilata, il Gnaro, ha dipinto con queste parole le sensazioni che un po' tutto il gruppo ha provato, sprofondato nella luce del tramonto che rimbalzava sul lago.
La diversità più forte che abbiamo trovato, rispetto ad un paesaggio europeo, è stata ancora una volta il modo in cui l'uomo è entrato in rapporto con il paesaggio.
La prima immagine, scolpita nella mia memoria indelebilmente, è quella di un ragazzino, poco più grande dei miei figli, che, forte del suo cavallo, galoppa  sull'autostrada, a fianco delle automobili e dei Tir. Una cosa sicuramente straordinaria ma che in questo conteso  non è che normalità: se alla sinistra dell'autostrada si trova il lago, alla destra un'infinita distesa ospita l'accampamento dei nomadi di origine cosacca che in quella zona trascorrono il periodo estivo. E'  gente che fa parte di questo territorio da centinaia di anni la cui identità è stata in qualche modo violentata dall'autostrada che ci ha portato sin lì. Spring ci ha spiegato che questa moderna infrastruttura, aperta solo dall'ottobre scorso, è stratta costruita sulla vecchia via della seta. Il governo cinese, nella necessità di collegare adeguatamente anche le province più remote, ha realizzato un sistema viario decisamente invidiabile, e lo ha fatto con una risolutezza che non ha guardato in faccia nessuno, compreso il rispetto dell'ambiente e delle popolazioni autoctone. Il ragazzino a cavallo non stava facendo altro che spostarsi dall'accampamento alla spiaggia dall'altra parte dell'autostrada. Lì si fermano i turisti per scattare fotografie e questa orgogliosa stirpe di cavalieri si presta ben volentieri a posare per qualche Juan. Non è difficile supporre che questa forma di introito del tutto inaspettato a lungo andare cambierà le loro abitudini.
Questo paradigma, l'imponenza delle nuove infrastrutture a fronte della devastazione del contesto, lo abbiamo trovato un po' dappertutto lungo la nostra strada, a partire dall'incredibile insediamento di centrali nucleari (almeno 4) in un'unica vallata, fino alla sterminata serie di pale eoliche nella valle dello Xiao Cao Hu. In questa valle poi abbiamo notato una particolarità quasi unica: l'autostrada aveva due corsie e tutte e due correvano nella stessa direzione. E se uno ha bisogno di tornare indietro, di andare da due a nord e non da nord a sud? Semplicissimo,  è stata costruita un'altra autostrada nella vallata a fianco con due corsie che corrono nella direzione opposta.
Tutto è affrontato con efficienza e con nervo, solo come in una dittatura è possibile fare.
Nel cuore del deserto del Taklimacan ho avuto diverse difficoltà a riprendere le dune di sabbia dall'automobile, ero perennemente impallato da una fitta macchia verde che separava il deserto dalla strada. Ci fermiamo per una pausa e notiamo che ai bordi della strada, lungo tutti i 600/700km del deserto, corrono cinque linee di tubi porosi, gli stessi tubi che usiamo anche noi per l'irrigazione dei giardini. Caspita! tanto di cappello! Così si affronta il problema della desertificazione: senza tergiversare hanno imbrigliato il deserto e lo tengono sotto controllo. Qualcuno però dovrà pur fare manutenzione… A distanza regolare di qualche chilometro l'una dall'altra, a punteggiare questa striscia verde che separa una perfetta carreggiata dall'inferno delle sabbie arroventate, ci sono delle casette blu. Ci siamo fermati per una pausa in una di queste. Ad accoglierci un omino tutto sorridente, contento di vederci. Ci offre il massimo dell'ospitalità che questa povera casetta può dare: un po' d'acqua e dell'ombra. Quest'omino dall'aria sciupata è l'addetto alla manutenzione. Si trasferisce nella casetta a maggio, e lì vivrà fino ad ottobre, in completo isolamento. Una vita miserabile, al limite della schiavitù che ci fa sentire meno leggeri correndo sul perfetto fondo stradale attraverso il deserto.

sabato 11 agosto 2012

al lago


8-9 agosto: la Cina#☠@!☭✠!


8 agosto, mattina. Frontiera del Kasakistan. Sembra di stare in guerra: filo spinato, militari dappertutto, bunker. Ciò nonostante riusciamo a fare dei buoni scatti tra le persone in attesa. Vediamo anche una cosa che ci ha decisamente stupiti: dei pullman dormitorio dove le persone si stipavano in piena promiscuità, sembravano dei sottomarini da fuori bordo. Due file di lettini, una sopra l'altra, con abiti, lenzuola, scarpe dappertutto. 

Riusciamo a salirci e la cosa stupisce parecchio, dopo una settimana di Kazakistan ci aspettavamo la solita diffidenza ed il divieto a fotografare. Su questo pullman cinese va diversamente. E' il primo segnale che le cose stanno cambiando, la vera Asia è dietro l'angolo.

La frontiera in uscita, a parte inutili e sciocche lungaggini, non è un problema. Tutti fiduciosi ci siamo spostati alla frontiera d'ingresso con la Cina. Lì ci aspettava Spring, la nostra guida.
"Con il suo aiuto, per quanto lunga, questa frontiera sarà una passeggia". Questo è quello che abbiamo pensato tutti. Mai supposizione fu più sbagliata…
I controlli doganali sono stati inflessibili, solo per un pelo siamo riusciti a non scaricare per intero il pick-up. Ciò nonostante siamo dovuti entrare nella gigantesca hall per il controllo passaporto con almeno due borsoni a testa. Sembrava di stare in un aeroporto. Altro che l'incompetenza e la fanforonaggine russa al confine con la Latvia.
Aneddoto divertente: ad uno dei controlli l'impiegata, con fare convinto, dopo aver controllato la fotografia, mi consegna il passaporto di Paolo, a sottolineare come ai loro occhi siamo tutti uguali…
Mentre il grosso del gruppo proseguiva a piedi, Giuliano e Villiam si sono spostati nella parte esterna per il controllo dei veicoli. Primo step la disinfestazione, secondo, il passaggio dell'intero veicolo sotto uno scanner gigante. 

Usciti dalla dogana siamo andati alla motorizzazione civile per fare una cosa tipo il collaudo. Purtroppo qui sono iniziati gli intoppi, intoppi che non sarebbero finiti presto.
Cos'è successo? la Toyota di Villiam non frena abbastanza perché troppo pesante, secondo i loro parametri. A quel punto l'abbiamo scaricata di tutto il peso possibile e siamo tornati a fare il controllo. Niente: "Dovete tornare domani mattina e riprovare!". "Ho capito che riproviamo, ma la macchina è la stessa, cosa cambia?". Fortunatamente con noi c'è Spring che ci guarda dritto negli occhi e ci dice: "domani passa". A quel punto non restava che ritirasi in albergo, anche se poco fiduciosi.
L'indomani, come da Spring aveva profetizza, la Toyota è uscita vincitrice dagli infernali macchinari di quella dannata officina ultra moderna. Come mai? non si sa...
Bene, ci siamo detti, il grosso è fatto! 
La verità invece è stata ben altra. le pratiche per la consegna di patenti e targhe cinesi (una trovata che non esiste in altra parte del mondo) ci è costa ben 8 ore! un'attesa snervante ed inutile.

Ad assisterci in questa epopea c'era appunto la guida. Averla avuta con non noi non è stata ne fortuna ne una scelta ben ponderata, ma un obbligo: in Cina senza guida non puoi entrare con una tua automobile. Questa è solo una delle tante rigidità che abbiamo incominciato ad incontrare. In questo caso però per noi è una fortuna: SRING è una ragazza davvero in gamba, un sorriso immancabile ed una determinazione pari solo alla sua disponibilità.
Pensate che, per evitarci problemi con la reception dell'hotel, ha anticipato di tasca sua il conto ! che mitica.
Albergo per altro tutto da ridere. Si, perché in Cina ci sono due tipi di albergo, quelli che possono ospitare i turisti e quelli destinati solo ai locali. Noi ovviamente siamo finiti in uno di quelli destinati solo ai locali. Così abbiamo pernottato senza essere registrati e  ci hanno pure chiesto, per cortesia, di non fermarci a chiacchierare davanti all'albergo! 
Al momento dell'uscita ci aspettava, come di prassi, il controllo della camera per il frigobar. 
Questi invece fanno anche il controllo delle lenzuola e degli asciugamani.  
Dovevate vedere la signora alla reception, dire che era contrariata è dire poco! Si è messa a sventolare gli asciugamani per poi indicare con le dita ogni singola macchia: Giuliano ne aveva usato uno per togliere la polvere dalle ciabatte ed io avevo lasciato una piccola macchia di sangue passando l'asciugamano su una piccola abrasione. Stavo per svenire dalle risate. Alle fine abbiamo dovuto pagare un sovrapprezzo! che spettacolo!

La Cina fortunatamente non è solo burocrazie e convivenza con un regime pesante, è anche tanto altro, come la stradina con il mercato dove siamo andati la prima sera o la meravigliosa strada che abbiamo percorso al tramonto nel nostro primo spostamento costeggiando Sayram Lake lungo la via della seta.
Ma per raccontarvi di queste cose è meglio lasciare spazio alle immagini.