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domenica 26 agosto 2012

Ingresso in Nepal


L'ingresso in Nepal è stato qualcosa di unico, anche perché la frontiere di Bambassa da cui siamo passati non è una frontiera commerciale ma ad uso e consumo degli abitanti che vivono nelle due cittadine di confine. 
Per trovarla è stato semplice, è bastato seguire la fiumana di pendolari che a piedi, col tuctuc, col carretto e cavallo, andavano avanti e indietro per un parco di meravigliosi manghi. Pochissime macchine, nessun camion. 
Strano per una frontiera.
Dopo aver pagato il biglietto di ingresso per la riserva naturale che dovevamo oltrepassare, siamo arrivati ad un gigantesco ponte che traversava uno dei tanti maestosi fiumi che arrivano dall'Himalaya. 
Originariamente su quel ponte passavano solo dei vagoncini su una linea ferroviaria praticamente limitata al passaggio del fiume. La larghezza della strada era non più di 3 metri o giù di lì. Lo Steed ci è passato per un pelo. Ecco perché i camion non c'erano, non sarebbero mai passati.
Al di là del ponte, la dogana. Veramente tutta da ridere: la maggior parte della gente andava e veniva senza nemmeno salutare i militari. 
Ovviamente noi ci siamo fermati per far timbrare i visti. Nella parte indiana sono stati estremamente cortesi e gentili, quasi fossimo loro ospiti.
In quella nepalese è stata una cosa da mal di pancia per le risate.
Punto primo ci siamo arrivati piuttosto tardi e tutto era spento, buio pesto, il Gnaro ci ha raccontato poi che in Nepal non c'è molto petrolio e l'energia la consumano il meno possibile.
Dopo di che siamo andati a stanare il responsabile dell'ufficio immigrazione: era già a nanne, si è presentato in canotta e moglie in vestaglia.
Dopo di che abbiamo setacciato i bar della zona per recuperare il responsabile della dogana che ci ha prontamente sistemato le carte.
Detto così sembra che siano dei lazzaroni, la verità è che da quella parte non passa mai nessuno, sul registro della dogana ho potuto contare il passaggio di 4 automobili straniere (non indiane o nepalesi) da luglio ad agosto.
La verità è che sono stati gentilissimi e davvero veloci.
Purtroppo però era comunque troppo tardi per trovare un albergo e abbiamo dovuto dormire per strada, sotto la pensilina dell'autobus.
Divertente, il cielo da queste parti è la meraviglia delle meraviglie, le stelle nitide e la luna, stupenda come sempre, hanno reso il tutto una festa, ma questo è niente: di fronte alla pensilina un enorme albero contrastava nero il cielo stellato; tra le sue foglie un'infinità di lucciole si accendevano facendolo sembrare un albero di Natale… siamo arrivato a casa, in famiglia, il giorno della vigilia. Siamo in Nepal, a un passo da Maleku

domenica 19 agosto 2012

Islamabad: che sorpresa!

Islamabad, città completamente nuova, nata negli anni 60, è completamente diversa da come ce la si può immaginare senza essere stati prima.
Enormi vialoni alberati, negozi e centri residenziali lussuosi.
Niente a che fare con bombe, talebani e burca.
Ad aiutarci nel farci un'idea di questa città, Simona Seravesi, qui per un progetto dell'ONU.
Con lei siamo andati in giro, più a sistemare le cose che nei giorni di viaggio sei costretto a lasciare da parte: lavare la macchina, fare il bucato, comprare nuovi occhiali da vista per sostituire quelli persi...
A mezzo giorno immancabili le pennette col sugo portate da casa, visto, tra l'altro, che oggi, in tutta la città non ci sarebbe stato un solo ristorante aperto: è l'ultimo giorno di Ramadan e per legge i ristoranti devono stare chiusi, anche negli alberghi internazionali.
E' stata l'occasione per mangiare italiano, dopo tanti giorni di viaggio è stato proprio piacevole.
Dopo di chè siamo andati ad incontrare Alice Harding Shackelfor, direttore per UN Woman in Pakistan.
Eravamo stati molto incuriositi nel vedere come, dalle valle di Hunza fino ad Islamabad, le donne per strada fossero drasticamente diminuite, era proprio percepibile come la condizione femminile in Pakistan cambiasse da regione a regione, incrinando la convinzione che questo paese fosse fatto solo di integralismo religioso.
Alice ci ha rilasciato un'intervista davvero interessante, in cui ci ha parlato di un paese in fermento, di movimenti femministi, di giovani artisti, di fermenti culturali. Insomma, tutto quello che non ci si aspettava di trovare in Pakistan. Certo, in questi giorni ci sono stati attacchi terroristici, rimane un paese a rischio, ma non abbiamo trovato solo questo, che è poi quello che ci aspettavamo, abbiamo trovato anche tanto altro, abbiamo trovato la gente...




mercoledì 15 agosto 2012

13 agosto: Cina (II parte)






Siamo da 5 gironi in Cina e quello che stiamo vedendo ci lascia senza parole, sia per la ricchezza e l'eterogeneità dei paesaggi, sia per i segni che la straordinaria crescita economica cinese sta lasciando sul territorio.
Appena usciti dalla dogana Spring, la nostra guida, ci ha condotto sulle sponde dello Sayram Lake, in direzione di Urumqi. Si tratta di un lago incoronato da un fitto susseguo di montagne, siamo a circa 2000mt sul mare.
"Siamo sulle Dolomiti" . Diretto come una fucilata, il Gnaro, ha dipinto con queste parole le sensazioni che un po' tutto il gruppo ha provato, sprofondato nella luce del tramonto che rimbalzava sul lago.
La diversità più forte che abbiamo trovato, rispetto ad un paesaggio europeo, è stata ancora una volta il modo in cui l'uomo è entrato in rapporto con il paesaggio.
La prima immagine, scolpita nella mia memoria indelebilmente, è quella di un ragazzino, poco più grande dei miei figli, che, forte del suo cavallo, galoppa  sull'autostrada, a fianco delle automobili e dei Tir. Una cosa sicuramente straordinaria ma che in questo conteso  non è che normalità: se alla sinistra dell'autostrada si trova il lago, alla destra un'infinita distesa ospita l'accampamento dei nomadi di origine cosacca che in quella zona trascorrono il periodo estivo. E'  gente che fa parte di questo territorio da centinaia di anni la cui identità è stata in qualche modo violentata dall'autostrada che ci ha portato sin lì. Spring ci ha spiegato che questa moderna infrastruttura, aperta solo dall'ottobre scorso, è stratta costruita sulla vecchia via della seta. Il governo cinese, nella necessità di collegare adeguatamente anche le province più remote, ha realizzato un sistema viario decisamente invidiabile, e lo ha fatto con una risolutezza che non ha guardato in faccia nessuno, compreso il rispetto dell'ambiente e delle popolazioni autoctone. Il ragazzino a cavallo non stava facendo altro che spostarsi dall'accampamento alla spiaggia dall'altra parte dell'autostrada. Lì si fermano i turisti per scattare fotografie e questa orgogliosa stirpe di cavalieri si presta ben volentieri a posare per qualche Juan. Non è difficile supporre che questa forma di introito del tutto inaspettato a lungo andare cambierà le loro abitudini.
Questo paradigma, l'imponenza delle nuove infrastrutture a fronte della devastazione del contesto, lo abbiamo trovato un po' dappertutto lungo la nostra strada, a partire dall'incredibile insediamento di centrali nucleari (almeno 4) in un'unica vallata, fino alla sterminata serie di pale eoliche nella valle dello Xiao Cao Hu. In questa valle poi abbiamo notato una particolarità quasi unica: l'autostrada aveva due corsie e tutte e due correvano nella stessa direzione. E se uno ha bisogno di tornare indietro, di andare da due a nord e non da nord a sud? Semplicissimo,  è stata costruita un'altra autostrada nella vallata a fianco con due corsie che corrono nella direzione opposta.
Tutto è affrontato con efficienza e con nervo, solo come in una dittatura è possibile fare.
Nel cuore del deserto del Taklimacan ho avuto diverse difficoltà a riprendere le dune di sabbia dall'automobile, ero perennemente impallato da una fitta macchia verde che separava il deserto dalla strada. Ci fermiamo per una pausa e notiamo che ai bordi della strada, lungo tutti i 600/700km del deserto, corrono cinque linee di tubi porosi, gli stessi tubi che usiamo anche noi per l'irrigazione dei giardini. Caspita! tanto di cappello! Così si affronta il problema della desertificazione: senza tergiversare hanno imbrigliato il deserto e lo tengono sotto controllo. Qualcuno però dovrà pur fare manutenzione… A distanza regolare di qualche chilometro l'una dall'altra, a punteggiare questa striscia verde che separa una perfetta carreggiata dall'inferno delle sabbie arroventate, ci sono delle casette blu. Ci siamo fermati per una pausa in una di queste. Ad accoglierci un omino tutto sorridente, contento di vederci. Ci offre il massimo dell'ospitalità che questa povera casetta può dare: un po' d'acqua e dell'ombra. Quest'omino dall'aria sciupata è l'addetto alla manutenzione. Si trasferisce nella casetta a maggio, e lì vivrà fino ad ottobre, in completo isolamento. Una vita miserabile, al limite della schiavitù che ci fa sentire meno leggeri correndo sul perfetto fondo stradale attraverso il deserto.

lunedì 6 agosto 2012

6 agosto - Balqash/Almaty

Oggi doveva essere una tappa relativamente pesante, per una distanza tutto sommato ragionevole (650km).
Si è rivelata invece una delle tratte più impegnative del viaggio. Per almeno 400km la strada si è rivelata una pletora di buche, implacabili e spietate ci hanno fatto rimbalzare sui sedili dello Steed senza sosta, tanto da rendere impossibile anche soltanto dormire.
La steppa kazaca, per quanto possa risultare affascinante, dopo quasi 2000 km diventa spietatamente noiosa. Il sole di oggi poi, con i suoi continui riverberi, ci schiacciava sull'asfalto senza pietà.
Villiam e Patty, appassionati di deserto come sono, erano intenzionati ad avventurarsi in una tratta fuori strada, ma quello che era segnato come deserto, in realtà era la brulla steppa, un fondo non certo stimolante per degli estimatori delle sabbie sahariane. Così hanno rinunciato e si sono adattati all'asfalto deformato che porta in capitale.

Almaty è la prima vera città asiatica che abbiamo incontrato sulla nostra strada, ne porta tutti i segni, dal sovrappopolamento alle caotiche insegne al neon.

Ma quello che caratterizza più di tutto questa città è il fatto di essere pedemontana: a sud è inerpicata sulle prime pendenze della catena montuosa del Tien Shan. Le sue vette, che con il monte Khan Tengri superano i 7000mt, sono stata una novità inaspettata per il team in generale ma per il Gnaro in particolare, che ha percorso gli ultimi 100km con lo stesso spirito con cui i salmoni risalgono i fiumi: un ritorno alle origini, la montagna.





5 agosto - Lago Balqaš

Ieri era domenica, quindi, come da tradizione per noi bresciani, siamo andati al lago!
Battute a parte, quella di ieri è stata una  giornata di relativo relax: abbiamo percorso una tratta di 550 km per fermarci in un paesino sulle rive del Lago Balqaš.
A dir la verità più che un lago sembra un vero e proprio mare, o per dirlo con le parole di Lina "is like an ocean".
Lina è una ragazza Kazaka che vive dall'età di 7 anni nel Queens (NY). Adesso ne ha 28, lavora nel ramo delle assicurazioni sanitarie, e quando può torna in Kazakistan a trovare la famiglia.
Da 10 giorni è in villeggiatura sul lago. Quando ci ha visto si è stupita di vedere dei turisti nella sua terra d'origine e più volte ci a chiesto il perchè di questa scelta. Da li è nata una piacevole serata nella quale abbiamo presentato il progetto. A quel punto è diventata una simpatizzante e si è messa di buona lena ad aiutarci con le traduzioni in inglese e russo per il sito.
L'impressione che ho avuto è che avesse bisogno di novità: spostarsi da una metropoli come NewYork alla steppa è un bel salto, in Kasakista c'è una densità demografica di 6 abitanti per kmq, a NewYork è di 6 abitanti ogni venti centimetri, più o meno.
Lina è solo una delle tante persone entusiaste che si sono avvicinate a noi per aiutarci e per divertirsi con noi, almeno per un piccolo pezzo, in questa pazza avventura.



Un altro personaggio è Erik, un tizio che sembra un italiano in vacanza a Rimini che proprio ieri sera ci ha inviato la fotografia che pubblichiamo.


Tanti incontri però non possono far passare inosservata l'incuria con cui viene tenuta questa terra. 
Ogni dove si trova immondizia, dietro gli improbabili stabilimenti balneari di questo lago, a non più di 50mt è stata scavata una fossa con una ruspa, una fossa enorme, nella quale viene buttata immondizia e poi bruciata. 
Cammini per un chilometro nella steppa e trovi ciabatte, lattina, sedie.
Il Kazakistan dà l'impressione di essere sospeso non tanto tra Europa e Asia ma proprio tra terzo mondo e società agiate. 

sabato 4 agosto 2012

3/4 agosto - Due giorni indimenticabili



Sono stati due giorni indimenticabili, ricchi di sorprese ed emozioni.
Prima di tutto siamo arrivati alla fine della nostra permanenza in Russia, partendo dalla città di Ufa fino al confine con il Kazakistan all'altezza della città di Chelyabinsk,
abbiamo passato distese di grano che sembravano non finire mai, con delle dolci collinette che tutto un tratto si sono trasformate in un ambiente montano.

Durante il percorso siamo stati fermati ben volte dalla polizia ma Paolo è stato bravo e non si è fatto fregare soldi con i loro spregevoli ricatti.
La vera difficoltà del viaggio è quella legata ai cantieri che caratterizzano per intero tutta la Russia. Qui non è come in Italia dove rifanno pezzo per pezzo la strada. Qui no, creano un cantiere lungo tanto quanto la strada e la bloccano per intero il tempo che serve. Figuratevi le code.


A metà pomeriggio siamo arrivati al confine e siamo entrati in Kazakistan senza nessun problema. la cosa strepitosa è che appena usciti dai cancelli doganali siamo stati travolti da un tramonto mozza fiato proprio mentre iniziava a piovere. La luce era meravigliosa e ne abbiamo approfittato per fare uno shooting, forse uno dei più belli fino ad adesso.

A quel punto è partita un'avventura del tutto inaspettata: il Kazakistan è un enorme tavolo da bigliardo, completamente piatto con piccoli centri abitati sparsi. Non vi dico trovare un albergo per la notte: abbiamo girato per almeno un centinaio di chilometri fino a che abbiamo trovato un adorabile ristorante/merceria/affittacamere il Gnaro, Giuliano, Paolo ed io siamo riusciti a metterci a trovare riparo, Patti e Villiam invece hanno approfittato del loro Toyota e hanno dormito fuori.
Lo standar delle camere era proporzionato al costo (5$), però è stato forse il posto più carino in cui ci siamo fermati.

La serata è passata sempre nel localino, dove abbiamo riso e scherzato con i gestori, star della sera il Gnaro, che con le sue ineguagliabili doti comunicative è riuscito a far sciogliere la rigidità delle cuoche: queste non parlavano una parola di inglese, quindi per far capire loro che voleva della cane di manzo si è messo a muggire. L'intero ristorante è esploso in una fragorosa risata.

Il giorno dopo siamo partiti per battere 850 km e raggiungere Astana. Macinare Km qui è facile perchè le strade sono belle, dritte e non c'è nessuno, niente traffico. Certo, bisogna fare i conti col fatto che i distributori di benzina sono uno ogni 100km, e spesso hanno terminato il carburante.

Comunque, durante il viaggio, ne abbiamo viste parecchie: un cavallo ci ha attraversato la strada, abbiamo trovato un matrimonio al quale ci siamo aggregati per una mezz'oretta, siamo stati taglieggiati anche qui dalla polizia, abbiamo trovato una location straordinaria, un parco giochi fatto con pezzi di recupero in mezzo ad una distesa desolata.

Tra l'altro, sosta forzata per togliere il portapacchi. Purtroppo, e non abbiamo capito il perchè, con la sollecitazione del fondo disconnesso, aveva preso troppo "gioco" e scorreva avanti e in dietro sul tetto. Per evitare di ammazzare qualcuno qualora si sganciasse durante la marcia, abbiamo deciso di rinunciare alla comodità che comportava.

Insomma, due giornate belle toste ma vissute alla grande.

giovedì 2 agosto 2012

2 agosto - UFA e i paracadutisti (536 km)



Oggi tappa breve, solo 536 km (!).
Siamo arrivati alla città di Ufa, l'ultima città russa dove pernotteremo prima di passare al Kazakistan.
Entrati in città stavamo già pregustando la gioia di poterci godere qualche ora di relax essendo arrivati molto presto.
Entrati in albergo è arrivata la doccia fredda, anzi, la doppia doccia fredda: il fuso orario a cui facevamo riferimento era sbagliato ed erano le 20.00, non le 18... Praticamente niente relax solo il tempo di una doccia e la cena prima delle nanne. E qui, appunto, la seconda doccia fredda, visto che in questo albergo non c'è l'acqua calda...
Non abbiamo ancora scoperto se sia dovuto ad un guasto o altro, ma poco conta, è stata davvero dura mettersi sotto quel getto d'acqua ghiacciata.
La città di Ufa non l'abbiamo girata molto, tranne Villiam e la Patrizia che sono riusciti a toccare la parte più vecchia dove si trovano le tradizionali case tatare con le finestrelle tutte colorate.

Non siamo riusciti a fare altro perchè siamo stati risucchiati da una strana festa fatta per salutare le giovani reclute della scuola di paracadutismo, che l'indomani avrebbero fatto il loro primo lancio.
Purtroppo però alle 22 la maggior parte delle persone iniziavano ad essere piuttosto alticci e l'aria si è fatta pesante. Così siamo tornati in albergo.

Prima di arrivare a Ufa siamo rimasti immersi dai meravigliosi colori aurei della campagna russa.





martedì 31 luglio 2012

30 luglio 2012 _ Finalmente a Mosca

Siamo finalmente arrivati a Mosca.
L'impresa è stata molto più impegnativa di quanto ci aspettassimo: la dogana dalla Latvia alla Russia ci ha rotto davvero le ossa.

Si, perchè arrivati in perfetto orario al confine, erano circa le 16.00, dopo una marcia sostenuta attraverso la Lettonia e Latvia, siamo riusciti a superare i controlli soltanto alle 4 di mattina!
Il tutto perchè in dogana nessuno parlava inglese, o meglio, soltanto una adorabile impiegata che solo dopo molte ore, si è scoperto avesse le competenze linguistiche necessarie a sbrogliare la matassa. Così, grazie a questo raro talento in quella dogana, l'adorabile donna ci ha ridato la libertà.

A quel punto ci siamo divisi: Villiam e Patty decidono di sfruttare la comodità del loro mezzo e si fermano a riposare, Giuliano, Paolo, Silvio ed io decidiamo di partire direttamente verso Mosca.

Dopo grosso modo otto ore siamo arrivati nella capitale russa. Due note interessanti legate al fatto che viaggiavamo senza satellitare (che ha avuto sino a quel momento solo la vettura di Villiam e Patty):
il primo è che per orientarci abbiamo tenuto come punto fermo il sole. La M9, la strada che abbiamo battuto, è dritta come un fuso e punta ad est in direzione Mosca.
L'altra annotazione interessante, è che nonostante la sua mastodontica topografia, siamo arrivati all'hotel senza navigatore grazie all'incredibile senso dell'orientamento di Giuliano che ci ha portato a destinazione senza sbagliare una via. Giuliano, qualche mese fa, è stato a Mosca per lavoro due giorni. In questo breve lasso di tempo ha memorizzato le strade intorno all'albergo!

Purtroppo il ritardo in dogana ci ha portato a perdere la facilità di comunicazione con l'Italia e non abbiamo notizie di Gigi, se è riuscito a risolvere i problemi col camion: domani dovrebbe mettersi in viaggio per raggiungerci.

In serata abbiamo portato presso il salone moscovita della Great Wall il nostro Steed per un po' di coccole.

Domani alle 8.40, lo staff della Great Wall Russia ci accompagneranno per tour della città e poi per un incontro conviviale con il presidente dalla loro società.

Domani sarà una grande giornata.



domenica 29 luglio 2012

28 luglio 2012 - Viskov/Suwalki (803)

Prima di partire, pochi giorni prima, sono andato dalla mia fioraia di fiducia a comprare un mazzo di fiori per la dottoressa Alma Rizzo, la persona che mi ha rimesso in sesto dopo una brutta caduta in bici e che mi ha consentito una partenza serena.
La mia fioraia è ucraina. Quando le ho detto che avrei attraversato metà dell'Europa orientale si è sentita tirata in causa ed ha iniziato a raccontarmi quante siano le cose che ancora non vadano bene e come si senta fortunata a vivere in Italia ecc ecc.
Quello che però mi ha colpito è che per prendere in qualche modo le difese del suo paese e di quell'area in particolare, mi ha raccontato come anche in Ucraina ci siano i McDonald.
Sembra assurdo, ma la presenza dei marchi internazionali, delle multinazionali, fa sentire parte del mondo, offre una identità globale.
Oggi è stato un altro giorno di transizione, dalla Rep. Ceca siamo arrivati a lambire il confine lituano: siamo saliti in macchina poco prima delle otto e siamo arrivati all'Hotel ormai alle dieci di sera. Non ci siamo quasi mai fermati ed abbiamo toccato i principali centri abitati soltanto dalle tangenziali. Ogni volta, immancabile, l'insediamento Ikea. Blu, scritte gialle, come fossimo a Roncadelle, come fossimo alle porte di Roma o in qualsiasi altra città del globo. 
Stupefacente.
A fare da minimo comune multiplo per i paesi attraversati in questi due giorni fortunatamente c'è anche qualcosa di meno postmoderno: la presenza di tratti di forte caratterizzazione asburgica, che partono dai territori austriaci fino alla Polonia.
In qualche modo tutti questi paesi si richiamano uno con l'altro, ma a fare la differenza è la cura per il bene comune, il patrimonio naturale. Una cura che abbiamo visto man mano venire meno.
Fortunata tappa di alleggerimento, la sosta nella siti di Warsavia, capitale polacca.
Una visita che consiglio a tutti quelli che pensano che le cose tanto non cambiano:  grattacieli marchiati Microsoft, Bridgestone, una sede della banca di Cina ed un'infinità di altre scritte enormi su costruzioni recentissime.
La Polonia, come tutti i paesi dell'area, sta facendo i salti mortali per entrare in un sistema economico, quello europeo, profondamente in crisi. Per quanto possa sembrare una follia, è verità sacrosanta.
Del resto qui la crisi ha una faccia diversa: qui non è percepita come una regressione, ma come un rallentamento in un percorso votato al migliramento.
Rallentamenti che per altro abbiamo dovuto sopportare per tutta la giornata, visto che da Warsavia in poi l'autostrada è un cantine di più di 100 km.

Comunque, fatica a parte, siamo arrivati, e domani, grosso modo nel primo pomeriggio, affrontiamo la dogana russa.

La serata scorsa abbiamo pernottato in un albergo di epoca sovietica (le fotografie sono state prese da lì). Quello di questa sera è ancora più "vintage".



venerdì 27 luglio 2012

27 luglio 2012 - Tolmezzo-Vyskov (607km)



Viaggiare con il Gnaro è sempre piacevole: ogni dove ci sia una montagna c'è qualcuno che lo conosce. Scesi dalle camere dopo la colazione ecco che viene avvicinato da una vettura della Guardia di Finanza… e ci mancherebbe altro, sono i vecchi colleghi che vengono ad augurargli buon viaggio e noi siamo ovviamente felici di fare una foto di gruppo per ricordare il piacevole momento.Dopo di chè,  puntuali come orologi svizzeri, ci siamo recati presso l'ufficio DHL di Tolmezzo per ritirare i passaporti, spediti il giorno prima da Roma, non appena usciti dall'ambasciata Pakistana con il visto.


Quando abbiamo scoperto che non erano ancora arrivati ci siamo lasciati prendere da un certo sgomento. Fortuna si è trattato solo di un piccolo ritardo, risolto in breve grazie alla disponibilità del ragazzo della DHL che ci ha raggiunto fuori dall'autostrada, cambiando il suo solito giro. 
Così finalmente siamo riusciti a prendere in mano il nostro documento e a guardare i nostri visti, sorta di piccole sibille che ci lasciano intuire quale futuro ci attende per il  prossimo mese.
Un sospiro di sollievo e via, partiti per una giornata che possiamo ricordare per la quantità di chilometri percorsi (607Km), le ore trascorse  in macchina e i posti meravigliosi che abbiamo soltanto sfiorato o intravisto dall'autostrada: le Alpi austriache con le loro meravigliose foreste e le mucche da cioccolato; il grazioso Autogril dove servivano la cotoletta sopra gli spaghetti, la splendida periferia di Vienna, il danubbio blu, visto solo per un attimo, gli sconfinati laghi immersi nelle infinite pianure ed intravisti nella luce del tramonto, e le distese di campi di grano ed i filari di torri eoliche. La giornata di sole ha contribuito ad esaltare i colori dell'estate ed il rimpianto per un occasione persa che chissà quando si ripresenterà. Alle otto di sera finalmente riusciamo a trovare un albergo a Vyscov, in Repubblica Ceca e ci fermiamo. Per riposare. Domani è un altro giorno, la frontiera con la Russi il nostro obbiettivo. Ovviamente a soffrire di più per queste tratte forza rinchiusi sul pickup è il Gnaro, che di certo domani sarà il primo ad alzarsi per farsi la sua corsetta di un paio di ore...