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domenica 19 agosto 2012

Islamabad: che sorpresa!

Islamabad, città completamente nuova, nata negli anni 60, è completamente diversa da come ce la si può immaginare senza essere stati prima.
Enormi vialoni alberati, negozi e centri residenziali lussuosi.
Niente a che fare con bombe, talebani e burca.
Ad aiutarci nel farci un'idea di questa città, Simona Seravesi, qui per un progetto dell'ONU.
Con lei siamo andati in giro, più a sistemare le cose che nei giorni di viaggio sei costretto a lasciare da parte: lavare la macchina, fare il bucato, comprare nuovi occhiali da vista per sostituire quelli persi...
A mezzo giorno immancabili le pennette col sugo portate da casa, visto, tra l'altro, che oggi, in tutta la città non ci sarebbe stato un solo ristorante aperto: è l'ultimo giorno di Ramadan e per legge i ristoranti devono stare chiusi, anche negli alberghi internazionali.
E' stata l'occasione per mangiare italiano, dopo tanti giorni di viaggio è stato proprio piacevole.
Dopo di chè siamo andati ad incontrare Alice Harding Shackelfor, direttore per UN Woman in Pakistan.
Eravamo stati molto incuriositi nel vedere come, dalle valle di Hunza fino ad Islamabad, le donne per strada fossero drasticamente diminuite, era proprio percepibile come la condizione femminile in Pakistan cambiasse da regione a regione, incrinando la convinzione che questo paese fosse fatto solo di integralismo religioso.
Alice ci ha rilasciato un'intervista davvero interessante, in cui ci ha parlato di un paese in fermento, di movimenti femministi, di giovani artisti, di fermenti culturali. Insomma, tutto quello che non ci si aspettava di trovare in Pakistan. Certo, in questi giorni ci sono stati attacchi terroristici, rimane un paese a rischio, ma non abbiamo trovato solo questo, che è poi quello che ci aspettavamo, abbiamo trovato anche tanto altro, abbiamo trovato la gente...




domenica 29 luglio 2012

28 luglio 2012 - Viskov/Suwalki (803)

Prima di partire, pochi giorni prima, sono andato dalla mia fioraia di fiducia a comprare un mazzo di fiori per la dottoressa Alma Rizzo, la persona che mi ha rimesso in sesto dopo una brutta caduta in bici e che mi ha consentito una partenza serena.
La mia fioraia è ucraina. Quando le ho detto che avrei attraversato metà dell'Europa orientale si è sentita tirata in causa ed ha iniziato a raccontarmi quante siano le cose che ancora non vadano bene e come si senta fortunata a vivere in Italia ecc ecc.
Quello che però mi ha colpito è che per prendere in qualche modo le difese del suo paese e di quell'area in particolare, mi ha raccontato come anche in Ucraina ci siano i McDonald.
Sembra assurdo, ma la presenza dei marchi internazionali, delle multinazionali, fa sentire parte del mondo, offre una identità globale.
Oggi è stato un altro giorno di transizione, dalla Rep. Ceca siamo arrivati a lambire il confine lituano: siamo saliti in macchina poco prima delle otto e siamo arrivati all'Hotel ormai alle dieci di sera. Non ci siamo quasi mai fermati ed abbiamo toccato i principali centri abitati soltanto dalle tangenziali. Ogni volta, immancabile, l'insediamento Ikea. Blu, scritte gialle, come fossimo a Roncadelle, come fossimo alle porte di Roma o in qualsiasi altra città del globo. 
Stupefacente.
A fare da minimo comune multiplo per i paesi attraversati in questi due giorni fortunatamente c'è anche qualcosa di meno postmoderno: la presenza di tratti di forte caratterizzazione asburgica, che partono dai territori austriaci fino alla Polonia.
In qualche modo tutti questi paesi si richiamano uno con l'altro, ma a fare la differenza è la cura per il bene comune, il patrimonio naturale. Una cura che abbiamo visto man mano venire meno.
Fortunata tappa di alleggerimento, la sosta nella siti di Warsavia, capitale polacca.
Una visita che consiglio a tutti quelli che pensano che le cose tanto non cambiano:  grattacieli marchiati Microsoft, Bridgestone, una sede della banca di Cina ed un'infinità di altre scritte enormi su costruzioni recentissime.
La Polonia, come tutti i paesi dell'area, sta facendo i salti mortali per entrare in un sistema economico, quello europeo, profondamente in crisi. Per quanto possa sembrare una follia, è verità sacrosanta.
Del resto qui la crisi ha una faccia diversa: qui non è percepita come una regressione, ma come un rallentamento in un percorso votato al migliramento.
Rallentamenti che per altro abbiamo dovuto sopportare per tutta la giornata, visto che da Warsavia in poi l'autostrada è un cantine di più di 100 km.

Comunque, fatica a parte, siamo arrivati, e domani, grosso modo nel primo pomeriggio, affrontiamo la dogana russa.

La serata scorsa abbiamo pernottato in un albergo di epoca sovietica (le fotografie sono state prese da lì). Quello di questa sera è ancora più "vintage".